Il primo maggio, Festa del lavoro, è sempre l’occasione per riflettere sulle conquiste ma anche sulle criticità che caratterizzano le trasformazioni del mondo del lavoro.
Un tempo avere un lavoro era la garanzia di una vita dignitosa, ma oggi non sempre basta.
Prendiamo allora spunto dalla presentazione del nuovo Rapporto sulle povertà e le risorse nella Diocesi di Lucca 2024.
Presentato in Arcivescovato il 22 aprile u.s. per richiamare l’attenzione su come non solo la mancanza di lavoro è un fattore di impoverimento, ma anche la presenza di un lavoratore non impedisce una situazione di povertà tale da costringere il nucleo familiare a chiedere aiuto.
Il Rapporto evidenzia la situazione a livello nazionale e regionale per poi invitarci a riflettere sui dati raccolti dai numerosi centri di ascolto Caritas attivi nella nostra Diocesi.
In Italia nel 56% delle famiglie in condizioni di povertà assoluta è presente almeno un componente che lavora. Tale quota varia notevolmente da territorio a territorio, risultando in genere più elevata nelle regioni del Nord e del Centro del nostro Paese.
In Toscana la percentuale di famiglie con working-poors (persone povere pur svolgendo un’attività lavorativa) supera addirittura la soglia del 70%, risultando una delle più alte del Paese.
Se a livello nazionale il 47% dei nuclei in povertà assoluta ha un “capofamiglia” occupato, la percentuale aumenta sensibilmente tra gli stranieri dove il lavoro povero arriva a interessare l’81,1% di coloro che sono in povertà (tra gli italiani è il 33,2%).
Nei territori dell’Arcidiocesi questa condizione interessa il 7,9% degli italiani e l’11,2% degli stranieri.
Il fenomeno del lavoro povero si riscontra in maniera nitida anche nelle biografie di molte persone che si rivolgono ai centri Caritas dell’Arcidiocesi di Lucca.
Ad oggi circa due persone su dieci che chiedono aiuto per gravi situazioni di deprivazione materiale svolgono regolarmente un’attività lavorativa full time.
Le difficoltà legate al far quadrare i conti e arrivare a fine mese interessano una vasta gamma di profili di lavoratori, seppur con incidenze differenti. “che nel rapporto vengono analizzate, affiancando ai dati statistici anche una analisi qualitativa basata su alcune interviste.
Il lavoro non basta, quindi, ed ovviamente incidono negativamente i casi delle persone che svolgono piccoli lavori saltuari in nero, oppure riescono a lavorare solo per pochi mesi all’anno, come nel caso di persone che svolgono lavori stagionali.
Il permanere a livelli così elevati di questa situazione di disagio è indicativa della presenza di un mercato del lavoro caratterizzato dalla precarietà e che interessa un numero sempre più ampio e eterogeneo di profili professionali (fenomeno noto come “democratizzazione della povertà”), a questo si aggiungono situazioni di debolezza lavorativa e di sfruttamento lavorativo, soprattutto nei contesti in cui l’attività lavorativa è in nero.
Leggere questi dati interpella tutti, a livello personale e come organizzazioni, e se da un lato ci conferma l’importanza di una attività costante di supporto alle persone e alle famiglie spesso sole o disorientate di fronte al crescere delle difficoltà economiche e sociali che incontrano, ci invita anche ad impegnarci perché il mondo del lavoro sia sempre più un fattore di dignità e garantisca alle persone di poter offrire alle loro famiglie la soddisfazione almeno dei bisogni primari.
Buona festa del lavoro a tutti e a tutte noi!